POLITICAPP | 25 marzo 2016

Il consumatore post crisi? Cross teller, affarista e nebuloso

Chi è il consumatore contemporaneo? Nel corso degli anni il consumatore è stato raccontato in tanti modi. È stato descritto come un essere emozionale, in cerca di esperienze sensibili. Un “transumer”, guidato da esperienze di divertimento e scoperta, sospinto dalla lotta alla noia; un “consum-attore” produttore di contenuti; un “consum-autore” competente e selettivo; un “prosumer” sempre più protagonista del prodotto o un “consumatoRe” che guida il rapporto con le aziende. È stato tratteggiato come un soggetto autonomo, competente, esigente, selettivo, orientato in senso olistico, pragmatico, ossimorico, onnivoro, infedele, eclettico, emotional, creativo, consapevole. Poi è arrivata la crisi. Il consumatore è mutato, per alcuni quasi antropologicamente. È apparso risparmiatore, pianificatore delle spese, razionale nelle scelte, concentrato sulla famiglia, casalingo, meno estroverso e più tecnologico. Un soggetto attento al valore per sé del prodotto, al costo che vuole e può sostenere, alla comodità delle forme di spesa, alla comunicazione interattiva. Dal 2015 le cose hanno iniziato a mutare. Lentamente, i consumatori hanno iniziato a cercare di lasciarsi alle spalle i periodi bui e di riaprire le ali, almeno quelle dei sogni e dei desideri. Il consumatore “ritrovato” è stato descritto come un soggetto razional-programmatore, un neo-Lazzaro che muove i primi passi: attento e risparmioso, informato e consapevole, infedele e in cerca di gratificazioni, tecnologico, protagonista (vuole condividere con gli altri la sua opinione su prodotti e brand) e concentrato sul nucleo ristretto di affetti. Questa carrellata di valutazioni serve per fare il punto della situazione e ricondurre la riflessione al tema iniziale: chi è il consumatore contemporaneo post crisi? Va detto, d’entrata, che anche nei periodi bui e risparmiosi, il consumatore non è mai stato grigio, né un mero ente raziocinante, ma ha continuato a cercare emozioni e sensazioni, a inseguire speranze e sogni.

Certo, le difficoltà e la paura lo hanno frenato, ma non si è mai antropologicamente trasformato. E così oggi non siamo di fronte a un consumer-Lazzaro, ma a una persona vitale, che vuole sentirsi padrone della propria vita. Una persona che ha capito, con la crisi, che il consumo non può essere una linea diritta verso l’infinito e ha imparato, nei nuovi meandri, a coltivare gusti, voglia di piacere e piacersi, emozioni e appagamenti. Il consumatore post-crisi è, innanzitutto, una persona, un narratore di se stesso (un teller), che sceglie e compra per mettere in scena se stesso. In realtà è un cross-teller, che interseca stili, mixa racconti, ibrida materiali, brand, gusti, stili. È una persona sfuggente e affarista (a caccia della gratificazione di aver fatto un affare); in cerca di rassicurazioni ed eco-life (attento ad ambiente e benessere); “infonnivoro” e social, ma anche tecnologico, etico-attento e punitivo (verso i furbetti e i brand che non mantengono le promesse). Filosoficamente pirandelliano e narcisista per elezione, il consumatore di oggi è “uno e centomila” (mai nessuno). È una persona che ama indossare più maschere e vivere più identità e storie. I prodotti e i brand gli servono per disporre se stesso sul palcoscenico della vita. Compra ciò che gli permette di teatralizzare il proprio io; sceglie ciò che, nei diversi momenti di vita, gli consente di rendere manifesta l’unicità della sua identità. Acquista per affinità, quindi. Non cerca il brand o il no logo in sé, ma li acquista solo in base alla sceneggiatura di sé che vuole strutturare. Il prezzo conta (pesa), ma non è l’unico fattore. Lo stesso lusso, con la democratizzazione degli outlet, è diventato accessibile. Ciò che conta nel prodotto è la storia che racconta e se, questa narrazione, è affine a quella che la persona vuole mettere in scena.

Il consumatore post crisi non è tornato a essere quello di prima. La crisi ha rimodellato il rapporto con il consumo. Le persone non hanno solo limato, tagliato, riconvertito i consumi, ma hanno anche ricodificato e risemantizzato prodotti e brand, senso del lusso e gusti, stili e desideri. Hanno abbandonato lo stile unico. Hanno trasformato l'esporre e l’ostentare in narrazione, la “brasilomania” in ricerca di ben-essere, il sexy in esplosione di sé. Hanno ricodificato il senso del risparmio in capacità di ottenere il meglio conciliando elementi differenti, con prezzi diversi. In questo processo di metamorfosi un ruolo non secondario l’hanno svolto il web e i socialnetwork. La rete ha ampliato le possibilità informative, ma ha anche rimodulato, in senso riflessivo, le scelte di acquisto, amplificando le possibilità di confronto e scoperta. Il web ha fornito alle persone uno strumento in cui cercare risposte, in cui affogare l’ansia del fare la cosa giusta e da cui trarre la sensazione di fare la scelta oculata. I social, grazie anche agli smartphone, hanno assunto, per molti, svariate funzioni: nella fase antecedente l’acquisto, sono diventati una sorta di “guideline” d’orientamento, un cuscinetto condivisorio per ridurre i rischi di critiche, nonché un passepartout verso la decisione finale. Nella fase d’acquisto vera e propria hanno assunto il ruolo di “reality-shopping”, che affianca le persone nella scelta e consente la condivisione “live” dell’emozione, nonché il “go on” definitivo. Dopo l’acquisto i social potenziano la fase libidica, grazie alla messa in scena del nuovo racconto di sé. Il mutamento intercorso nel consumatore ha coinvolto anche l’asse fedeltà-infedeltà.

L’infedeltà di ieri ha assunto un nuovo connotato: è diventata fedeltà a se stessi, ricerca dei giusti componenti per la sceneggiatura di sé. Bricoleur in transizione, il consumatore di oggi non insegue le mode, ma genera la sua identità, la mette sul palco della società. Non cerca la solitudine, non vuole essere monade, ma vola in stormi. La sua identità si unisce a quelle degli altri, in una nuova ricerca di racconti e condivisioni tra simili. Le persone aspirano alla loro unicità, vogliono affermare la loro autenticità, ma, allo stesso tempo, cercano nuove sintonie e reliance con gli altri. Le appartenenze restano fluide. Non si milita in nuovi stili, ma ci si unisce in sciami di affinità, in communities of sentiment, in cui le persone condividono, temporaneamente e tematicamente, un modo di sentire, esprimersi e narrarsi: condividono feeling. Affinità. Non ci sono più grandi tribù, ma dalle dinamiche tribali le communities of sentiment di oggi mutuano il bisogno di simboli, rappresentazioni, messe in scena. Hanno bisogno di totem, emblemi e miti in grado di renderle narranti e di tracciare confini. Il consumatore cross-teller è un soggetto poliedrico. Non ha più un unico comportamento, come non ha più uno stile unitario, ma agisce e si muove in modo differente nei diversi momenti di vita e negli svariati settori commerciali. Il suo habitus è camaleontico, ma il suo animus è libertario e identitario, il suo motto è “io non sono un target, ma una persona, anzi tante persone per una personalità”. Il suo messaggio in bottiglia ai brand è: “io ti scelgo se sai decodificare chi voglio essere. Se sei in sintonia con il mio racconto e mi aiuti a mettermi in scena: se mi sei affine”.