POLITICAPP | 19 maggio 2017
Food Innovation: le sfide per l'agroalimentare
Dall’innovazione allo spreco, le sfide per il mondo del food
Il mondo cambia velocemente su molti fronti. Uno di questi è certamente l’attenzione al cibo e all’innovazione nella filiera agroalimentare, con il suo portato in termini di evoluzione dei costumi e del modo di essere della società.
La ricerca di naturalità, tradizioni culinarie, sapori e gusti cresce parallelamente alla necessità di certezze sui prodotti, di nuove pratiche produttive, di garanzie in termini di sicurezza e salubrità. I fattori che hanno determinato la rinnovata e crescente attenzione ai temi del cibo sono molteplici. La prima incisiva spinta l’hanno impressa i tanti allarmismi che si sono susseguiti nel tempo. Correva l’anno 1986 quando il vino al metanolo uccideva 23 persone. Da allora i consumatori hanno fatto i conti con un lungo elenco di eventi nefasti: dagli oli di semi confezionati con residui di lavorazione, alla carne gonfiata con gli ormoni; dalle uova e i polli alla diossina, all’encefalopatia spongiforme bovina (la famigerata “mucca pazza”); senza dimenticare i vari virus dell’influenza (suina, aviaria), il pesce “al mercurio” e l’alta presenza (anche se entro i limiti di legge) dei residui di pesticidi negli alimenti. Crisi, allarmi, paure, emergenze hanno costellato gli ultimi trent’anni di storia alimentare, sospingendo in avanti il bisogno di controlli, etichettature e tracciabilità, ma anche la necessità di innovare il settore, sia nella fase della produzione, sia in quella di commercializzazione e ristorazione. A incidere sulla relazione tra cibo e persone sono intervenuti anche altri fattori, come, ad esempio, i mutamenti negli stili di vita; la crescente presa di coscienza degli alti e inaccettabili livelli di spreco alimentare; oppure la fiorente spinta bio e green, con la consapevolezza sull’insostenibilità di alcuni processi produttivi agricoli. Il quadro dei temi che coinvolge gli aspetti della relazione tra cibo e innovazione è vasto ed è stato affrontato dalla ricerca realizzata da SWG e presentata a Seeds&Chips, il Global Food Innovation Summit che si è svolto a Milano, con la partecipazione dell’ex Presidente Usa Barack Obama.
Per il 59% gli italiani il processo d’innovazione vissuto dal settore food è stato abbastanza intenso (con un altro 8% che lo giudica molto intenso). Un andamento trasformativo ritenuto necessario per adeguare il mondo agroalimentare alle dinamiche innovative che coinvolgono la nostra società (44%) e utile per cogliere l’opportunità di produrre alimenti migliori (19%).
Se, complessivamente, il 63% delle persone valuta positivamente gli interventi innovativi in campo agroalimentare, non mancano resistenze e paure.
Sostenibilità, tracciabilità, chiarezza, i tratti della food innovation
Un quarto dell’opinione pubblica appare guardinga sul mutamento tecnologico nel settore, sospettando che dietro di essi non ci sia un intento migliorativo della qualità dei prodotti, bensì un mero obiettivo speculativo.
Infine, il 12% è assolutamente contrario a interventi sui processi di produzione del cibo, paventando inaccettabili forme di alterazione della natura. Il dato contenuto non deve trarre in inganno. Quando si tocca il tema dell’uso delle biotecnologie per la produzione di cibo, i livelli di opposizione, nel nostro Paese, si fanno decisi.
Per il 64% dell’opinione pubblica, l’inserimento delle innovazioni tecnologiche trova argine nelle resistenze dei consumatori italiani verso l'applicazione delle biotecnologie in campo alimentare.
Nel corso degli ultimi 20 anni, inoltre, è cresciuta la sensibilità ambientale. Per l’80% degli italiani l’occupazione e lo sviluppo economico devono passare attraverso la tutela dell’ambiente.
Una sensibilità che sorregge sia la critica al consumo di territorio, sia la richiesta di riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni intensive.
L’attenzione dell’opinione pubblica trova un focus peculiare sui temi della qualità e della salubrità del cibo. Per il 67% la tracciabilità è importante e va imposta con una normativa rigorosa; il 59% delle persone legge con attenzione le etichette e il 65% chiede una maggiore chiarezza delle spiegazioni presenti sui prodotti. Il bisogno d’innovazione nel settore, tuttavia, non coinvolge solo i produttori, ma tocca anche i ristoratori, gestori di mense ecc. cui è chiesto di accelerare sui processi di ammodernamento (65%).
Il quadro della relazione tra le persone e il sistema agroalimentare è incompleto se non si getta uno sguardo allo spreco alimentare. Vero tallone d’Achille della società di oggi. Quasi un terzo della produzione mondiale di cibo si perde o si spreca lungo la filiera agroalimentare, pari a circa 1,6 miliardi di tonnellate di alimenti sprecati.
Il 56% delle perdite alimentari avvengono nei paesi sviluppati e ogni anno, nei 28 paesi dell’Unione europea, vengono gettate via circa 88 milioni di tonnellate di alimenti, pari a circa 173 kg per persona. In termini di valore siamo di fronte a circa 143 miliardi di euro, due terzi dei quali, circa 98 miliardi di euro, gettati via dalle famiglie. In Italia si sprecano, ogni anno, circa 16 miliardi di euro di cibo.
La percezione di questo sperpero quotidiano è, per fortuna, in crescita nel corso degli ultimi anni.
Alimentare: ok all’innovazione se porta qualità e non profitto
Nel 2014 il 35% degli italiani riteneva che nel nostro Paese ci fosse un grande spreco di cibo. Lo scorso anno la quota è salita al 41%. Parallelamente, lievita anche la coscienza della gravità del fenomeno: siamo passati dal 46% al 48% tra il 2015 e il 2016.
Parlare del cibo, dell’attenzione all’etichettatura, della percezione della gravità dello spreco alimentare, vuol dire zumare sulla società, sul “chi siamo”.
Il cibo e le pratiche alimentari sono elementi esplicativi dei processi sociali.
Sono utili per cogliere i mutamenti in atto e per valutarne la profondità.
Il grande antropologo Claude Lévy-Strauss sosteneva che il cibo e la cucina costituiscono uno strumento di comprensione della cultura di una società; rivelano le strutture fondamentali del pensiero, evidenziano le affinità che vanno cercando le persone. La crescita contemporanea dell’attenzione sui temi relativi al food porta alla luce almeno due mutamenti strutturali e una contraddizione che resta insoluta.
Il primo mutamento è relativo al tema ambientale: non è più una moda di pochi o un vezzo elitario, ma è diventato un’issue valoriale per buona parte dell’opinione pubblica. Il secondo mutamento riguarda la relazione con il tema dell’innovazione.
Le trasformazioni tecnologiche, con il food, perdono il loro tratto utilitaristico o di business, per evidenziare la loro declinazione umanistica.
Nel settore agro-alimentare l’innovazione è gradita solo se accresce l’armonia tra gli individui e la società; se è uno strumento per migliorare il benessere e la salute delle persone; se ha l’obiettivo di intervenire sulla qualità dell’ambiente.
La società osservata dal punto di vista del food, evidenzia la contraddizione tra sviluppo e povertà.
L’angolatura mostra la difficoltà delle persone a incrementare comportamenti e atteggiamenti sobri e solidali.
Le enormi quantità di cibo sprecato ci dicono quanto sia lungo il cammino verso un modello di società in cui il benessere di una quota di persone non si esprima in distaccato e superficiale disinteresse, ma si traduca in nuova attenzione al mondo e agli altri.
Purtroppo, il tema dello spreco alimentare, continua a rendere attuali le parole dette da Gandhi oltre settant’anni fa: “i ricchi hanno una quantità superflua di cose di cui non hanno bisogno e che perciò sono trascurate e sciupate, mentre milioni di individui muoiono di fame per mancanza di sostentamento”.
Il mondo cambia velocemente su molti fronti. Uno di questi è certamente l’attenzione al cibo e all’innovazione nella filiera agroalimentare, con il suo portato in termini di evoluzione dei costumi e del modo di essere della società.
La ricerca di naturalità, tradizioni culinarie, sapori e gusti cresce parallelamente alla necessità di certezze sui prodotti, di nuove pratiche produttive, di garanzie in termini di sicurezza e salubrità. I fattori che hanno determinato la rinnovata e crescente attenzione ai temi del cibo sono molteplici. La prima incisiva spinta l’hanno impressa i tanti allarmismi che si sono susseguiti nel tempo. Correva l’anno 1986 quando il vino al metanolo uccideva 23 persone. Da allora i consumatori hanno fatto i conti con un lungo elenco di eventi nefasti: dagli oli di semi confezionati con residui di lavorazione, alla carne gonfiata con gli ormoni; dalle uova e i polli alla diossina, all’encefalopatia spongiforme bovina (la famigerata “mucca pazza”); senza dimenticare i vari virus dell’influenza (suina, aviaria), il pesce “al mercurio” e l’alta presenza (anche se entro i limiti di legge) dei residui di pesticidi negli alimenti. Crisi, allarmi, paure, emergenze hanno costellato gli ultimi trent’anni di storia alimentare, sospingendo in avanti il bisogno di controlli, etichettature e tracciabilità, ma anche la necessità di innovare il settore, sia nella fase della produzione, sia in quella di commercializzazione e ristorazione. A incidere sulla relazione tra cibo e persone sono intervenuti anche altri fattori, come, ad esempio, i mutamenti negli stili di vita; la crescente presa di coscienza degli alti e inaccettabili livelli di spreco alimentare; oppure la fiorente spinta bio e green, con la consapevolezza sull’insostenibilità di alcuni processi produttivi agricoli. Il quadro dei temi che coinvolge gli aspetti della relazione tra cibo e innovazione è vasto ed è stato affrontato dalla ricerca realizzata da SWG e presentata a Seeds&Chips, il Global Food Innovation Summit che si è svolto a Milano, con la partecipazione dell’ex Presidente Usa Barack Obama.
Per il 59% gli italiani il processo d’innovazione vissuto dal settore food è stato abbastanza intenso (con un altro 8% che lo giudica molto intenso). Un andamento trasformativo ritenuto necessario per adeguare il mondo agroalimentare alle dinamiche innovative che coinvolgono la nostra società (44%) e utile per cogliere l’opportunità di produrre alimenti migliori (19%).
Se, complessivamente, il 63% delle persone valuta positivamente gli interventi innovativi in campo agroalimentare, non mancano resistenze e paure.
Sostenibilità, tracciabilità, chiarezza, i tratti della food innovation
Un quarto dell’opinione pubblica appare guardinga sul mutamento tecnologico nel settore, sospettando che dietro di essi non ci sia un intento migliorativo della qualità dei prodotti, bensì un mero obiettivo speculativo.
Infine, il 12% è assolutamente contrario a interventi sui processi di produzione del cibo, paventando inaccettabili forme di alterazione della natura. Il dato contenuto non deve trarre in inganno. Quando si tocca il tema dell’uso delle biotecnologie per la produzione di cibo, i livelli di opposizione, nel nostro Paese, si fanno decisi.
Per il 64% dell’opinione pubblica, l’inserimento delle innovazioni tecnologiche trova argine nelle resistenze dei consumatori italiani verso l'applicazione delle biotecnologie in campo alimentare.
Nel corso degli ultimi 20 anni, inoltre, è cresciuta la sensibilità ambientale. Per l’80% degli italiani l’occupazione e lo sviluppo economico devono passare attraverso la tutela dell’ambiente.
Una sensibilità che sorregge sia la critica al consumo di territorio, sia la richiesta di riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni intensive.
L’attenzione dell’opinione pubblica trova un focus peculiare sui temi della qualità e della salubrità del cibo. Per il 67% la tracciabilità è importante e va imposta con una normativa rigorosa; il 59% delle persone legge con attenzione le etichette e il 65% chiede una maggiore chiarezza delle spiegazioni presenti sui prodotti. Il bisogno d’innovazione nel settore, tuttavia, non coinvolge solo i produttori, ma tocca anche i ristoratori, gestori di mense ecc. cui è chiesto di accelerare sui processi di ammodernamento (65%).
Il quadro della relazione tra le persone e il sistema agroalimentare è incompleto se non si getta uno sguardo allo spreco alimentare. Vero tallone d’Achille della società di oggi. Quasi un terzo della produzione mondiale di cibo si perde o si spreca lungo la filiera agroalimentare, pari a circa 1,6 miliardi di tonnellate di alimenti sprecati.
Il 56% delle perdite alimentari avvengono nei paesi sviluppati e ogni anno, nei 28 paesi dell’Unione europea, vengono gettate via circa 88 milioni di tonnellate di alimenti, pari a circa 173 kg per persona. In termini di valore siamo di fronte a circa 143 miliardi di euro, due terzi dei quali, circa 98 miliardi di euro, gettati via dalle famiglie. In Italia si sprecano, ogni anno, circa 16 miliardi di euro di cibo.
La percezione di questo sperpero quotidiano è, per fortuna, in crescita nel corso degli ultimi anni.
Alimentare: ok all’innovazione se porta qualità e non profitto
Nel 2014 il 35% degli italiani riteneva che nel nostro Paese ci fosse un grande spreco di cibo. Lo scorso anno la quota è salita al 41%. Parallelamente, lievita anche la coscienza della gravità del fenomeno: siamo passati dal 46% al 48% tra il 2015 e il 2016.
Parlare del cibo, dell’attenzione all’etichettatura, della percezione della gravità dello spreco alimentare, vuol dire zumare sulla società, sul “chi siamo”.
Il cibo e le pratiche alimentari sono elementi esplicativi dei processi sociali.
Sono utili per cogliere i mutamenti in atto e per valutarne la profondità.
Il grande antropologo Claude Lévy-Strauss sosteneva che il cibo e la cucina costituiscono uno strumento di comprensione della cultura di una società; rivelano le strutture fondamentali del pensiero, evidenziano le affinità che vanno cercando le persone. La crescita contemporanea dell’attenzione sui temi relativi al food porta alla luce almeno due mutamenti strutturali e una contraddizione che resta insoluta.
Il primo mutamento è relativo al tema ambientale: non è più una moda di pochi o un vezzo elitario, ma è diventato un’issue valoriale per buona parte dell’opinione pubblica. Il secondo mutamento riguarda la relazione con il tema dell’innovazione.
Le trasformazioni tecnologiche, con il food, perdono il loro tratto utilitaristico o di business, per evidenziare la loro declinazione umanistica.
Nel settore agro-alimentare l’innovazione è gradita solo se accresce l’armonia tra gli individui e la società; se è uno strumento per migliorare il benessere e la salute delle persone; se ha l’obiettivo di intervenire sulla qualità dell’ambiente.
La società osservata dal punto di vista del food, evidenzia la contraddizione tra sviluppo e povertà.
L’angolatura mostra la difficoltà delle persone a incrementare comportamenti e atteggiamenti sobri e solidali.
Le enormi quantità di cibo sprecato ci dicono quanto sia lungo il cammino verso un modello di società in cui il benessere di una quota di persone non si esprima in distaccato e superficiale disinteresse, ma si traduca in nuova attenzione al mondo e agli altri.
Purtroppo, il tema dello spreco alimentare, continua a rendere attuali le parole dette da Gandhi oltre settant’anni fa: “i ricchi hanno una quantità superflua di cose di cui non hanno bisogno e che perciò sono trascurate e sciupate, mentre milioni di individui muoiono di fame per mancanza di sostentamento”.